Stomaci vuoti contro Ankara

Un gruppo di kurdi di Diyarbakir ha iniziato il primo gennaio uno sciopero della fame per riavere indietro i corpi dei propri cari uccisi dalla polizia. Sono almeno 70 le vittime della repressione turca solo a dicembre.
Roma, 9 gennaio 2016, Nena News – Non toccheranno cibo, dicono, fino a quando i corpi dei loro cari non torneranno a casa. Sono entrati in sciopero della fame dal primo gennaio per fare pressioni sul governo turco perché riconsegni i cadaveri dei membri delle loro famiglie, uccisi nel quartiere Sur di Diyarbakir dalla polizia turca nella vasta operazione militare lanciata da Ankara a fine luglio contro il popolo kurdo.
Sono in sei e si sono ritrovati all’inzio dell’anno nella sede dell’Associazione per i Diritti Umani di Diyarbakir, dove le pareti sono tappezzate delle foto dei morti. I cadaveri che chiedono indietro sono di tre militanti del Ydg-H, il gruppo giovanile del Pkk. Per Ankara terroristi. Per questo, raccontano a Al Monitor, a nulla sono servite le richieste e le petizioni presentate agli uffici governativi.
I tre combattenti sarebbero ancora per strada, abbandonati per le vie di Sur: “Ci hanno detto di rimuovere le barricate per riavere i corpi”, dice Mehmet Oran, in sciopero della fame. Ma non lo fanno, dice all’agenzia, perché temono di essere colpiti dai cecchini, una probabilità alta dopo l’uccisione di un medico che tentava di portare soccorso ad un ferito a Cizre e ucciso sul posto.
Il loro caso non è unico: secondo i partiti kurdi sarebbero almeno 55 i corpi ancora non sepolti, persone uccise (sia civili che combattenti) tra Cizre e Silopi, nella provincia di Sirnak, tra le più colpite dalla repressione governativa. Una repressione fatta di carri armati, missili, coprifuoco lunghi ormai settimane, mancanza di cibo e medicinali, e aggravata dal dolore di non poter piangere i cadaveri dei propri cari.
Questa settimana la questione è arrivata in parlamento: l’Hdp, il partito Democratico del Popolo, formazione di sinistra pro-kurda, ha inviato una richiesta al premier Davutoglu. Nessuna risposta, solo una circolare governativa che vieta i funerali perché considerati “strumento di propaganda terrorista”.
A monte lo scontro in corso tra il governo dell’Akp, il partito del presidente Erdogan, e l’Hdp. Nei confronti del terzo partito turco alle opposizioni Ankara ha lanciato una campagna durissima, accusandolo di essere portavoce del Pkk e compiendo numerosi arresti tra i suoi membri. Gli ultimi ieri: la polizia anti-sommossa, protetta da decine di veicoli militari, ha compiuto un raid nella sede dell’Hdp a Istabul. Durante l’operazione, durata due ore, sono stati confiscati documenti e arrestati cinque membri, tra cui il co-segretario della sezione, Rukiye Demir. Secondo le autorità, l’azione è parte dell’inchiesta in corso contro il partito, accusato di finanziare il Pkk e il braccio giovanile Ydg-H. Non a caso, però, segue alla proposta mossa dall’Hdp e da altre organizzazioni pro-kurde: richiesta di autonomia per il Kurdistan turco attraverso riforme costituzionali.
Così nel silenzio prosegue la mattanza: secondo l’Hdp sarebbero almeno 70 i civili kurdi uccisi dalle forze armate turche da metà dicembre. Tra loro molti minorenni, donne, un disabile. Circa 100mila le persone sfollate, secondo le autorità di Ankara, costrette a lasciare le proprie comunità dalle violenze e dai coprifuoco.
Articolo pubblicato su Nena News

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